Parte generale

1. La normativa – premessa

Il D.lgs. n. 231/2001 (di seguito “Decreto”), in attuazione della delega conferita al Governo con l’art. 11 della Legge n. 3001/2000, disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.

Mediante tale decreto il legislatore introduce per la prima volta nel nostro ordinamento una responsabilità degli Enti per gli illeciti amministrativi dipendenti dal catalogo di reati individuati in via tassativa dal D.lgs. 231/2001.

Sono destinatari della citata normativa tutte le società, le associazioni dotate o meno di personalità giuridica, gli enti pubblici economici e gli enti privati concessionari di un servizio pubblico.

Il Decreto non si applica, invece, allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli enti pubblici non economici e agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (tra i quali, a titolo esemplificativo, i partiti politici e i sindacati).

Alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale, nella platea dei destinatari del decreto figurano anche società di diritto privato che esercitino un pubblico servizio e società controllate da pubbliche amministrazioni.

In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto le società per azioni (S.p.a.) a partecipazione mista pubblico- privata soggette al decreto 231 (1).

Infatti, considerata la forma societaria, esse sono qualificate come enti a carattere economico che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale, ma al più intercettano nella loro attività valori di rango costituzionale.

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 231/2001, l’Ente può essere ritenuto “responsabile” per determinati reati (consumati o tentati) commessi nell’interesse o a vantaggio dell’Ente stesso, da parte di esponenti dei vertici aziendali (di seguito soggetti “in posizione apicale” o semplicemente “apicali”) o da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi (di seguito “soggetti subordinati” o “sottoposti”).

La responsabilità dell’Ente è, tuttavia, esclusa qualora i soggetti apicali e/o i loro sottoposti abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Mediante la normativa in esame il legislatore ha inteso affiancare alla punibilità della persona fisica quella della persona giuridica presso la quale risulta inserito il soggetto autore del reato presupposto.

Infatti, la responsabilità dell’Ente ai sensi del d.lgs. 231/2001 non è alternativa né sostitutiva di quella dell’individuo, ma, al contrario, si pone da un lato in parallelismo e dall’altro in autonomia rispetto ad essa. La motivazione sottesa a tale scelta legislativa è quella di colpire, per determinati reati tassativamente individuati, non soltanto l’individuo, che talvolta agisce quale mero strumento operativo della Società, bensì anche l’Ente stesso.

In passato, infatti, le persone giuridiche non risultavano destinatarie di ripercussioni rilevanti derivanti dalla realizzazione di reati commessi, nel loro interesse o vantaggio da parte di Amministratori e/o dipendenti.

In tal senso, il d.lgs. n. 231/2001 innova l’ordinamento giuridico italiano, disponendo l’applicazione all’Ente, in via diretta ed autonoma, di sanzioni di natura vuoi di pecuniaria, vuoi interdittiva, in conseguenza dei reati ascritti a soggetti funzionalmente legati all’Ente, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 231/2001.

(1) Così Cass. pen., sez. II, 21 luglio 2010, n. 28699.

2. La natura della responsabilità dell’Ente

Si deve precisare, anzitutto, come, nonostante la responsabilità prevista dal D.lgs. 231/2001 sia formalmente definita “amministrativa”, tale natura necessiti di alcune precisazioni.

Il d.lgs. n. 231/2001 ha, infatti, introdotto nel nostro ordinamento una forma di responsabilità delle società di tipo “amministrativo”, ma con numerosi punti di contatto con una responsabilità di natura “penale”.

In particolare, la Relazione illustrativa al Decreto evidenzia la “nascita di un tertium genus che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dell’efficacia preventiva con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia”.

Depongono a favore di tale soluzione alcune norme previste dallo stesso Decreto e, in particolare, gli artt. 2, 8 e 34 del d.lgs. n. 231/2001:

  1. viene infatti riaffermato il principio di legalità tipico del diritto penale, in base al quale l’ente “non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato, se la sua responsabilità [penale] in relazione a quel reato elerelative sanzioni non sonoespressamente previste dauna legge entrata in vigore prima della commissione del fatto” (art. 2 del Decreto);
  2. viene sancito il principio di autonomia della responsabilità dell’ente rispetto all’accertamento della responsabilità della persona fisica autrice della condotta criminosa (art. 8 del Decreto);
  3. la citata responsabilità dell’Ente, dipendente dalla commissione di un reato-presupposto, deve essere accertata nell’ambito di un procedimento penale ed è, pertanto, assistita dalle garanzie proprie del processo penale (art. 34 del Decreto);
  4. infine, si consideri il carattere afflittivo delle sanzioni applicabili alla società, che indubbiamente assimila tale genus di responsabilità dell’Ente a quella penale della persona fisica.

3. Criteri di imputazione della responsabilità all’Ente

Si distinguono due tipologie di criteri di imputazione della responsabilità all’Ente: criteri di natura oggettiva e criteri di natura soggettiva.

I criteri di natura oggettiva richiedono che:

  1. la realizzazione di una fattispecie di reato indicata nell’ambito del Decreto;
  2. il fatto di reato sia stato commesso da parte di un soggetto funzionalmente legato all’Ente;
  3. il reato sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’Ente.
  4. In base al d.lgs. n. 231/2001, l’Ente può essere chiamato a rispondere solo in relazione a determinati reati (c.d. reati presupposto), tassativamente individuati dal Decreto, e successive integrazioni, nonché dalle leggi che espressamente richiamano la disciplina del Decreto (si veda catalogo di reati presupposto dicui infra).

Occorre precisare, tuttavia, che il principio di tassatività dei reati che possono comportare la responsabilità dell’ente è stato messo in discussione da un orientamento interpretativo dottrinale emerso in relazione al reato-presupposto di autoriciclaggio.

In particolare, parte della dottrina ritiene che la responsabilità dell’ente si configurerebbe anche in presenza di reati-base dell’autoriciclaggio non inseriti nel decreto 231.

Tale orientamento pare confermato dalla recente modifica del delitto di autoriciclaggio – operata con il d.lgs. n. 195/2021 – che ha previsto il configurarsi della fattispecie di cui all’art. 648 ter.1 c.p. anche qualora il reato presupposto sia una contravvenzione.

  1. Gli autori del reato dal quale può derivare la responsabilità dell’ente possono essere:
    1. soggetti con funzioni di amministrazione, gestione e direzione (c.d. soggetti in “posizione apicale”) dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché coloro che esercitano, anche solo di fatto, la gestione e il controllo dell’ente;
    2. soggetti sottoposti alla direzione e al controllo da parte dei soggetti apicali (c.d. soggetti subordinati).

In particolare, nella categoria dei soggetti apicali possono essere fatti rientrare gli amministratori, i direttori generali, i rappresentanti legali, ma anche, a titolo meramente esemplificativo, i preposti a sedi secondarie, i direttori di divisione o di stabilimento.

Anche tutti i soggetti delegati dagli amministratori ad esercitare attività di gestione o direzione della società o di sedi distaccate devono essere considerati soggetti apicali.

Alla categoria dei soggetti in posizione subordinata appartengono tutti coloro che sono sottoposti alla direzione e vigilanza dei soggetti apicali e che, in sostanza, eseguono nell’interesse dell’ente le decisioni adottate dai vertici.

Possono essere ricondotti a questa categoria tutti i dipendenti dell’ente, nonché tutti coloro che agiscono in nome, per conto o nell’interesse dell’ente, quali, a titolo meramente esemplificativo, i collaboratori, i parasubordinati e i consulenti.

  1. Per il sorgere della responsabilità dell’ente è inoltre necessario che il fatto di reato sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

È, pertanto, opportuno ribadire che l’Ente non risponde, per espressa previsione legislativa (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 231/2001), se le persone su indicate hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

L’interesse o il vantaggio dell’Ente vengono considerati alla base della responsabilità di quest’ultimo anche nel caso in cui coesistano interessi o vantaggi dell’autore del reato o di terzi, con il solo limite dell’ipotesi in cui l’interesse alla commissione del reato da parte del soggetto in posizione qualificata all’interno dell’ente sia esclusivo dell’autore del reato o di terzi.

Non essendo stato riconosciuto alcun effetto esimente al “vantaggio” esclusivo dell’autore del reato o di terzi, ma solo all’interesse esclusivo di questi soggetti, si deve ritenere che la responsabilità dell’Ente sussista anche qualora questi non consegua alcun vantaggio ovvero quando vi sia un vantaggio esclusivo dell’autore del reato o di terzi, purché l’Ente abbia un interesse, eventualmente concorrente con quello di terzi, alla commissione del reato perpetrato da soggetti in posizione qualificata nella sua organizzazione. Al di là delle suddette precisazioni, la responsabilità prevista dal Decreto sorge dunque non solo quando il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio per l’Ente stesso, ma anche nell’ipotesi in cui, pur in assenza di tale concreto risultato, il fatto illecito abbia trovato ragione nell’interesse dell’Ente.

I due vocaboli esprimono pertanto concetti giuridicamente diversi e rappresentano presupposti alternativi, ciascuno dotato di una propria autonomia e di un proprio ambito applicativo.

Sul significato dei termini “interesse” e “vantaggio”, la Relazione governativa che accompagna il Decreto attribuisce al primo una valenza marcatamente soggettiva, suscettibile di una valutazione ex ante, nonché al secondo una valenza marcatamente oggettiva – riferita quindi ai risultati effettivi della condotta del soggetto agente che, pur non avendo avuto direttamente di mira un interesse dell’ente, ha realizzato, comunque, con la sua condotta un vantaggio in suo favore – suscettibile di una verifica ex post.

I caratteri essenziali dell’interesse risultano essere:

  • l’oggettività, intesa come indipendenza dalle personali convinzioni psicologiche dell’agente e nel correlativo suo necessario radicamento in elementi esterni suscettibili di verifica da parte di qualsiasi osservatore;
  • la concretezza, intesa come inserimento dell’interesse in rapporti non meramente ipotetici e astratti, ma sussistenti realmente, a salvaguardia del principio di offensività;
  • l’attualità. Ciò in quanto l’interesse deve essere obiettivamente sussistente e riconoscibile nel momento in cui è stato riconosciuto il fatto e non deve essere futuro e incerto, mancando altrimenti la lesione del bene necessaria per qualsiasi illecito che non sia configurato come mero pericolo; non necessaria rilevanza economica, ma riconducibile pure a una politica d’impresa.

Il vantaggio riconducibile all’Ente, che deve essere mantenuto distinto dal profitto, può essere:

  • diretto, ovvero riconducibile in via esclusiva e diretta all’Ente;
  • indiretto, cioè mediato da risultati fatti acquisire a terzi, suscettibili però di ricadute positive per l’Ente; economico, anche se non necessariamente immediato.

L’interesse e/o vantaggio nei reati di natura colposa

Occorre precisare che la normativa sulla responsabilità dell’Ente risulta di regola fondata su reati di natura dolosa. Tuttavia, soprattutto a seguito dell’introduzione nel d.lgs. 231/2001 dei reati colposi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, si sono riproposti interrogativi in ordine all’applicazione dei criteri di imputazione in relazione ai reati colposi.

In proposito, se da un lato si afferma che nei reati colposi la coppia concettuale interesse/vantaggio deve essere riferita non già agli eventi illeciti non voluti, bensì alla condotta che la persona fisica abbia tenuto nello svolgimento della sua attività, dall’altro lato si sostiene che il reato colposo, da un punto di vista strutturale, mal si concilia con il concetto di interesse.

Ne deriva dunque che in tale contesto risulterà tutt’al più possibile ipotizzare come l’omissione di comportamenti doverosi imposti da norme di natura cautelare potrebbe tradursi in un contenimento dei costi aziendali, suscettibile di essere qualificato ex post alla stregua di un “vantaggio”.

Giova precisare, come di recente, la Cassazione, con la sentenza della sez. IV, 17 dicembre 2015 – 21 gennaio 2016 n. 2544, Gastoldi ed altri, abbia fornito indicazioni importanti per la ricostruzione delle nozioni di «interesse» e di «vantaggio» rilevanti ai fini del giudizio di responsabilità da reato dell’ente in conseguenza della commissione dei reati di omicidio colposo o di lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies, d.lgs. 231/2001); ma soprattutto abbia fornito indicazioni operative per il giudice di merito, chiamato ad apprezzare l’eventuale rilevanza dell’addebito colposo, fondante la responsabilità penale dell’autore del reato presupposto, anche ai fini della formulazione del giudizio di responsabilità dell’ente.

In particolare, detta sentenza, nonché la più recente pronuncia della Cassazione, sez. IV, 16 aprile 2018, sentenza n. 16713, riprendono l’affermazione operata dalle Sezioni Unite (cfr. sent. n. 38343 del 24/4/2014, Espenhahn ed altri), le quali hanno avuto modo di precisare che “i concetti di interesse e vantaggio, nei reati colposi d’evento, vanno di necessità riferiti alla condotta e non all’esito antigiuridico”.

La Cassazione, in relazione ai reati in materia di sicurezza, ha sottolineato come l’interesse o vantaggio dell’Ente potrebbero ravvisarsi nel risparmio di costi per la sicurezza ovvero nel potenziamento della velocità di esecuzione delle prestazioni o nell’incremento della produttività, sacrificando l’adozione di presidi antinfortunistici (cfr. Cass. pen., sez. IV, 2 dicembre 2019, n. 48779; Cass. pen., sez. III, 27 gennaio 2020, n. 3157; Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2020, n. 3731).

La Suprema Corte ha precisato che “i termini “interesse” e “vantaggio” esprimono concetti giuridicamente diversiepossonoesserealternativi:ciòemergedall’usodellacongiunzione“o”dapartedellegislatorenella formulazione della norma in questione e, da un punto di vista sistematico, dalla norma di cui all’art. 12, che al comma 1, lett. a) prevede una riduzione della sanzione pecuniaria nel caso in cui l’autore ha commesso il reato nell’interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo” (analogamente anche Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2018, sentenza n. 295).

Ciò implica in via teorica che il reato può essere commesso nell’interesse dell’ente, ma non procurargli in concreto alcun vantaggio.

Pertanto, il concetto di “interesse” attiene ad una valutazione antecedente alla commissione del reato presupposto, mentre il concetto di “vantaggio” implica l’effettivo conseguimento dello stesso a seguito della consumazione del reato (e, dunque, una valutazione ex post).

La Cassazione ha inoltre evidenziato che “nei reati colposi d’evento, il finalismo della condotta prevista dal D.lgs. n. 231 del 2001, art. 5 è compatibile con la non volontarietà dell’evento lesivo, sempre che si accerti che la condotta che ha cagionato quest’ultimo sia stata determinata da scelte rispondenti all’interesse dell’ente o sia stata finalizzata all’ottenimento di un vantaggio per l’ente medesimo”.

Pertanto ricorre il requisito dell’interesse quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica; ciò accade, ad esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito (non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma) di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d’impresa.

Si ritengono, pertanto, imputabili all’ente solo le condotte consapevoli e volontarie finalizzate a favorire l’ente.

Per contro, sarebbero irrilevanti le condotte derivanti dalla semplice imperizia, dalla mera sottovalutazione del rischio o anche dall’imperfetta esecuzione delle misure antinfortunistiche da adottare.

Ricorre il requisito del vantaggio quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza del lavoro, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.

In sentenza si legge che “il criterio del vantaggio, così inteso, appare indubbiamente quello più idoneo a fungere da collegamento tra l’ente e l’illecito commesso dai suoi organi apicali ovvero dai dipendenti sottoposti alla direzione o vigilanza dei primi”.

I criteri di natura soggettiva attengono al profilo della colpevolezza dell’ente.

La responsabilità dell’ente sussiste se non sono stati adottati o non sono stati rispettati standard doverosi di sana gestione e controllo attinenti alla sua organizzazione e allo svolgimento della sua attività.

La colpa dell’ente, e pertanto la possibilità di muovere ad esso un rimprovero, dipende dall’accertamento di una politica di impresa non corretta o di deficit strutturali nell’organizzazione aziendale che non abbiano prevenuto la commissione di uno dei reati presupposto.

Il Decreto esclude, infatti, la responsabilità dell’ente, nel caso in cui, prima della commissione del reato, l’ente si sia dotato e abbia efficacemente attuato un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello che è stato realizzato.

4. Catalogo dei reati presupposto D.lgs. 231/2001

L’ambito operativo del Decreto riguarda i seguenti reati:

  • Reati contro la Pubblica Amministrazione e ai danni dello Stato:
    • indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (Art. 24);
    • truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art. 24);
    • truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (Art. 24);
    • frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico (Art. 24);
    • concussione (Art. 25);
    • induzione indebita a dare o promettere altra utilità (Art. 25);
    • malversazione a danno dello Stato (Art. 24);
    • corruzione per l’esercizio della funzione (Art. 25);
    • corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (Art. 25);
    • corruzione in atti giudiziari (Art. 25);
    • istigazione alla corruzione (Art. 25);
    • Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (Art. 25);
    • Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità Europee e di funzionari delle Comunità Europee e di Stati esteri (Art. 25);
    • Traffico di influenze illecite (Art. 25);
    • Turbata libertà degli incanti (Art. 24);
    • Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (Art. 24);
    • Frode nelle pubbliche forniture (Art. 24);
    • Frode ai danni del Fondo Europeo Agricolo di garanzia e del Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale (Art. 24);
    • Peculato (quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione Europea) (Art. 25);
    • Peculato mediante profitto dell’errore altrui (quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione Europea) (Art. 25);
    • Abuso d’ufficio (quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione Europea) (Art. 25);
  • Delitti informatici e trattamento illecito di dati (Art. 24-bis):
    • Falsità in un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria;
    • Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico;
    • Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici;
    • Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico;
    • Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche;
    • Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche;
    • Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici;
    • Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità;
    • Danneggiamento di sistemi informatici o telematici;
    • Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità;
    • Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica;
    • Violazione delle norme in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica;
  • Delitti di criminalità organizzata (Art. 24-ter):
  • Associazione a delinquere;
  • Associazione di tipo mafioso anche straniere;
  • Scambio elettorale politico mafioso;
  • Sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione;
  • Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope;
  • Illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo;
  • Reati in tema di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (Art. 25-bis):
    • Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate;
    • Alterazione di monete;
    • Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate;
    • Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede;
    • Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati;
    • Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo;
    • Fabbricazione detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata;
    • Uso di valori di bollo contraffatti o alterati;
    • Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni;
    • Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi;
  • Delitti contro l’industria e il commercio (Art. 25-bis.1):
    • Turbata libertà dell’industria e del commercio;
    • Illecita concorrenza con minaccia o violenza;
    • Frodi contro le industrie nazionali;
    • Frode nell’esercizio del commercio;
    • Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine;
    • Vendita di prodotti industriali con segni mendaci;
    • Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale;
    • Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari;
  • Reati societari (Art. 25-ter):
    • False comunicazioni sociali;
    • Fatti di lieve entità;
    • False comunicazioni sociali nelle società quotate;
    • Falso in prospetto;
    • Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione;
    • Impedito controllo;
    • Indebita restituzione dei conferimenti;
    • Illegale ripartizione degli utili e delle riserve;
  • Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante;
  • Operazioni in pregiudizio dei creditori;
  • Omessa comunicazione del conflitto di interessi;
  • Formazione fittizia del capitale;
  • Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori;
  • Corruzione tra privati;
  • Istigazione alla corruzione tra privati;
  • Illecita influenza sull’assemblea;
  • Aggiotaggio;
  • Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza;
  • False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare;
  • Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle leggi speciali (Art. 25-quater):
    • Associazioni sovversive;
    • Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico;
    • Assistenza agli associati;
    • Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale;
    • Organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo;
    • Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale;
    • Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo;
    • Sottrazione di beni o di denaro sottoposti a sequestro;
    • Condotte con finalità di terrorismo;
    • Attentato per finalità terroristiche o di eversione;
    • Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi;
    • Atti di terrorismo nucleare;
    • Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione;
    • Sequestro di persona a scopo di coazione;
    • Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai Capi primo e secondo;
    • Cospirazione politica mediante accordo;
    • Cospirazione politica mediante associazione;
    • Banda armata: formazione e partecipazione;
    • Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata;
    • Impossessamento, dirottamento e distruzione di un aereo;
    • Danneggiamento di installazioni a terra;
  • Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (Art. 25-quater.1):
  • Delitti contro la personalità individuale (Art. 25-quinquies):
    • Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;
    • Prostituzione minorile;
    • Pornografia minorile;
    • Detenzione di materiale pornografico;
    • Pornografia virtuale;
    • Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile;
    • Tratta di persone;
  • Acquisto e alienazione di schiavi;
  • Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro;
  • Adescamento di minorenni;
  • Reati di abuso di mercato (Art. 25-sexies):
    • Manipolazione del mercato;
    • Abuso di informazioni privilegiate;
  • Reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Art. 25-septies):
    • Omicidio colposo;
    • Lesioni colpose gravi o gravissime;
  • Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonchè autoriciclaggio (Art. 25-octies):
    • Ricettazione;
    • Riciclaggio;
    • Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;
    • Autoriciclaggio;
  • Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti (Art. 25-octies.1):
    • Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti;
    • Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti;
    • Trasferimento fraudolento di valori;
    • Frode informatica aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale;
  • Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (Art. 25-novies):
    • Art. 171 commi 1 lett. a bise 3, L. 22 aprile 1941 n. 633;
    • Art. 171 bis, L. 22 aprile 1941 n. 633;
    • Art. 171 ter, L. 22 aprile 1941 n. 633;
    • Art. 171 septies, L. 22 aprile 1941 n. 633;
    • Art. 171 octies, L. 22 aprile 1941 n. 633;
  • Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (Art. 25-decies);
  • Reati ambientali (Art. 25-undecies):
    • Inquinamento ambientale;
    • Disastro ambientale;
    • Delitti colposi contro l’ambiente;
    • Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;
    • Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti;
    • Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette;
    • Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto;
    • Artt. 137, 256, 257, 258, 259, 260 bise 279 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152;
    • Artt. 1, 2, 3 bise 6, L. 7 febbraio 1992 n. 150;
    • Art. 3, L. 28 dicembre 1993 n. 549;
    • Artt. 8 e 9, d.lgs. 6 novembre 2007 n. 202;
  • Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Art. 25-duodecies);
  • Razzismo e xenofobia (Art. 25-terdecies):
    • Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa;
  • Reati in tema di frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (Art. 25-quaterdecies):
    • Frode in competizioni sportive;
    • Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa;
  • Reati tributari (Art. 25-quinquiesdecies):
    • Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
    • Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
    • Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
    • Occultamento o distruzione di documenti contabili;
    • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte;
    • Dichiarazione infedele (se commessa nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione Europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto da cui consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a 10 milioni di euro);
    • Omessa dichiarazione (se commessa nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione Europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto da cui consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a 10 milioni di euro);
    • Compensazione indebita (se commessa nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione Europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto da cui consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a 10 milioni di euro);
  • Reati di contrabbando (Art. 25-sexiesdecies):
    • Contrabbando nel movimento delle merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali;
    • Contrabbando nel movimento delle merci nei laghi di confine;
    • Contrabbando nel movimento marittimo delle merci;
    • Contrabbando nel movimento delle merci per via aerea;
    • Contrabbando nelle zone extra-doganali;
    • Contrabbando per indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali;
    • Contrabbando nei depositi doganali;
    • Contrabbando nel cabotaggio e nella circolazione;
    • Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti;
    • Contrabbando nell’importazione od esportazione temporanea;
    • Contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
    • Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
    • Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
    • Altri casi di contrabbando;
  • Delitti contro il patrimonio culturale (Art. 25-septiesdecies):
    • Furto di beni culturali;
    • Appropriazione indebita di beni culturali;
    • Ricettazione di beni culturali;
    • Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali;
  • Violazioni in materia di alienazioni di beni culturali;
  • Importazione illecita di beni culturali;
  • Uscita o esportazioni illecite di beni culturali;
  • Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici;
  • Contraffazione di opere d’arte;
  • Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (Art. 25-duodevicies):
  • Riciclaggio di beni culturali;
  • Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici;
  • Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (Art. 12, L. n. 9/2013) [Costituiscono presupposto per gli enti che operano nell’ambito della filiera degli oli vergini di oliva];
  • Reati transnazionali (Legge n. 146/2006):
    • Disposizioni contro le immigrazioni clandestine;
    • Associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;
    • Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
    • Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità;
    • Favoreggiamento personale;
    • Associazione per delinquere;
    • Associazione di tipo mafioso.

5. Reati commessi all’estero

Ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 231/2001, l’ente può essere chiamato a rispondere in Italia in relazione a reati, contemplati dallo stesso d.lgs. n. 231/2001, commessi all’estero.

La relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001 sottolinea la necessità di non lasciare sfornita di sanzione una situazione criminologica di frequente verificazione, anche al fine di evitare facili elusioni dell’intero impianto normativo in oggetto.

Il Decreto, tuttavia, condiziona la possibilità di perseguire l’ente per reati commessi all’estero all’esistenza dei seguenti ulteriori presupposti:

  • che lo Stato del luogo in cui è stato commesso il reato non proceda già nei confronti dell’ente;
  • che l’ente abbia la propria sede principale nel territorio dello Stato italiano;
  • che il reato sia stato commesso all’estero da un soggetto funzionalmente legato all’Ente;
  • che sussistano le condizioni di procedibilità previste dagli articoli 7, 8, 9, 10 c.p.

6. Esimenti della responsabilità dell’Ente

L’art. 6 comma 1, D.lgs. 231/2001 prevede una forma specifica di esimente dalla responsabilità amministrativa qualora il reato sia stato commesso da soggetti in “posizione apicale” e l’Ente provi che:

  • l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto illecito, un modello idoneo a prevenire la realizzazione degli illeciti della specie di quello verificatosi;
  • ha affidato ad un organo interno (c.d. Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo), il compito di vigilare sul funzionamento e sull’efficace osservanza del modello in questione, nonché di curarne l’aggiornamento;
  • i soggetti in “posizione apicale” hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il modello;
  • non vi è stato omesso o insufficiente controllo da parte del c.d. Organismo di Vigilanza.

Anche l’art. 7 D.lgs. 231/2001 prevede una forma specifica di esimente dalla responsabilità amministrativa qualora il reato sia stato commesso dai “subalterni” ma sia accertato che la Società, prima della commissione del reato, abbia adottato un modello idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi.

Il Modello, pertanto, opera quale esimente sia che il reato presupposto sia stato commesso da un soggetto apicale sia che sia stato commesso da un soggetto subordinato.

Tuttavia, per i reati commessi dai soggetti apicali, il Decreto introduce una sorta di presunzione di responsabilità dell’ente, dal momento che si prevede l’esclusione della sua responsabilità solo se l’ente dimostra la sussistenza di tutti i presupposti sopra indicati.

Nel caso di reato commesso da soggetti apicali, sussiste, quindi, in capo alla società una presunzione di responsabilità dovuta al fatto che tali soggetti esprimono e rappresentano la politica e, quindi, la volontà dell’ente stesso.

Tale presunzione, tuttavia, può essere superata se la società riesce a dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati al soggetto apicale, provando la sussistenza dei sopra elencati requisiti tra loro concorrenti e, di riflesso, la circostanza che la commissione del reato non deriva da una propria “colpa organizzativa”.

Per i reati commessi dai soggetti subordinati, l’ente risponde invece solo se venga provato che “la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza” che gravano tipicamente sul vertice aziendale.

Anche in questo caso, comunque, l’adozione e l’efficace attuazione del Modello, prima della commissione del reato, esclude l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza ed esonera l’ente da responsabilità.

Affinché il Modello possa operare quale esimente della responsabilità dell’ente, è necessario che lo stesso risulti idoneo rispetto alla prevenzione dei reati presupposto e che sia efficacemente attuato.

Il Decreto, tuttavia, non indica analiticamente le caratteristiche e i contenuti del Modello, ma si limita a dettare alcuni principi di ordine generale e alcuni elementi essenziali di contenuto.

In generale il Modello deve prevedere, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a rilevare ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

In particolare, il Modello deve (ai sensi dell’art. 6 D.lgs. 231/2001):

  • individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati (c.d. attività sensibili);
  • prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente, in relazione ai reati da prevenire;
  • individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di reati;
  • prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello;
  • introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello;
  • prevedere uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’art. 5 comma 1 lett. a) e b) di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del Decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del Modello, di

cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali canali devono garantire la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;

  • prevedere almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
  • prevedere il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente alla segnalazione;
  • prevedere nel sistema disciplinare sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

Con riferimento all’efficace attuazione del Modello, il Decreto prevede inoltre la necessità di una verifica periodica e di una modifica dello stesso, qualora siano scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero qualora intervengano mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’ente.

In concreto l’Ente per poter essere esonerato dalla responsabilità amministrativa deve:

  • dotarsi di un Codice Etico che statuisca principi di comportamento in relazione alle fattispecie di reato;
  • definire una struttura organizzativa in grado di garantire una chiara ed organica attribuzione dei compiti e di attuare una segregazione delle funzioni;
  • formalizzare procedure aziendali destinate a regolamentare lo svolgimento delle attività;
  • assegnare poteri autorizzativi e di firma in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali definite;
  • comunicare al personale in modo chiaro e dettagliato il Codice Etico, le procedure aziendali, il sistema sanzionatorio, i poteri autorizzativi e di firma, nonché tutti gli altri strumenti adeguati ad impedire la commissione di atti illeciti;
  • prevedere un idoneo sistema sanzionatorio;
  • istituire un Organismo di Vigilanza caratterizzato da autonomia e indipendenza, i cui componenti abbiano la necessaria professionalità per poter svolgere l’attività richiesta;
  • istituire un Organismo di Vigilanza in grado di valutare l’adeguatezza del modello, di vigilare sul suo funzionamento, di curare il suo aggiornamento, nonché di operare con continuità di azione.

7. Le sanzioni previste dal Decreto

Gli artt. 9 e 23 D.lgs. 231/2001 prevedono a carico della società, in conseguenza della commissione o tentata commissione degli illeciti amministrativi dipendenti da reato, le seguenti tipologie di sanzioni:

  • la sanzione pecuniaria;
  • le sanzioni interdittive;
  • la confisca;
  • la pubblicazione della sentenza.

In caso di condanna dell’ente è sempre applicata la sanzione pecuniaria, che viene determinata dal giudice attraverso un sistema basato su “quote”.

Il numero delle quote dipende dalla gravità del reato, dal grado di responsabilità dell’ente, dall’attività svolta per eliminare le conseguenze del fatto e attenuarne le conseguenze o per prevenire la commissione di altri illeciti.

Nel determinare l’entità della singola quota il giudice tiene conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione.

Sono previsti, all’art. 12 D.lgs. 231/2001, casi di riduzione della sanzione pecuniaria:

  • della metà, e comunque non superiore a 103.291 euro se:
    • l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;
    • il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità;
  • da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l’ente:
    • ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero è stato adottato e reso operativo un Modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • dalla metà ai due terzi se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l’ente ha adempiuto ad entrambe le condizioni previste dal punto precedente.

Le sanzioni interdittive si applicano in aggiunta alla sanzione pecuniaria, ma solo se espressamente previste per il reato per cui si procede e purché ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • l’ente ha tratto dal reato un profitto rilevante e il reato è stato commesso da un soggetto apicale, o da un soggetto subordinato, ma – in quest’ultimo caso – solo qualora la commissione del reato sia stata agevolata da gravi carenze organizzative;
  • in caso di reiterazione degli illeciti.

Il giudice determina il tipo e la durata della sanzione interdittiva tenendo conto dell’idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso e, se necessario, può applicarle congiuntamente (art. 14, comma 1 e comma 3, D.lgs. 231/2001).

Le sanzioni interdittive previste dal Decreto sono:

  • l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  • il divieto, temporaneo o definitivo, di pubblicizzare beni o servizi.

Le sanzioni interdittive sono di regola temporanee, ma nei casi più gravi possono eccezionalmente essere applicate con effetti definitivi.

Qualora sussistano i presupposti per l’applicazione di una sanzione interdittiva che determina l’interruzione dell’attività della società, il giudice, in luogo dell’applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell’attività della società da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) la società svolge un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività; b) l’interruzione dell’attività della società può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione.

Il profitto derivante dalla prosecuzione dell’attività viene confiscato.

Le sanzioni interdittive, tuttavia, non si applicano qualora l’ente prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:

  • abbia risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato o, almeno, si sia efficacemente adoperato in tal senso;
  • abbia messo a disposizione dell’autorità giudiziaria il profitto del reato, ai fini della confisca;
  • abbia eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato, adottando e rendendo operativi modelli organizzativi idonei a prevenire la commissione di nuovi reati della specie di quello verificatosi.

Il Decreto prevede inoltre altre due sanzioni:

  • la confisca, che è sempre disposta con la sentenza di condanna e che consiste nell’acquisizione da parte dello Stato del prezzo o del profitto del reato, ovvero di somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato;
  • la pubblicazione della sentenza di condanna in uno o più giornali indicati dal Giudice nella sentenza nonché mediante affissione nel comune ove l’ente ha la sede principale.

Misure cautelari

Le sanzioni interdittive possono essere applicate anche in via cautelare, ovvero prima della condanna, qualora sussistano gravi indizi della responsabilità dell’ente e vi siano fondati e specifici elementi tali da far ritenere il concreto pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede.

Il Decreto prevede altresì l’applicabilità di misure cautelari reali in capo all’Ente. In particolare:

  • in forza dell’art. 53 del Decreto, il Giudice può disporre il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca a norma dell’art. 19 del Decreto medesimo;
  • in forza dell’art. 54 del Decreto, il Giudice può disporre, in ogni stato e grado del processo di merito, il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili dell’ente o delle somme o cose allo stesso dovute, se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato.

8. Tentativo di commissione dell’illecito

Nelle ipotesi di commissione, nelle forme del tentativo, dei delitti sanzionati sulla base del d.lgs. 231/2001, le sanzioni pecuniarie (in termini di importo) e le sanzioni interdittive (in termini di durata) sono ridotte da un terzo alla metà.

È esclusa l’irrogazione di sanzioni nei casi in cui l’ente impedisca volontariamente il compimento dell’azione o la realizzazione dell’evento (art. 26 d.lgs. n. 231/2001).

9. Vicende modificative dell’Ente

Il d.lgs. 231/2001 disciplina il regime della responsabilità patrimoniale dell’ente anche in relazione alle vicende modificative dello stesso quali la trasformazione, la fusione, la scissione e la cessione d’azienda.

Secondo l’art. 27, comma 1, del d.lgs. 231/2001, risponde dell’obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria l’ente con il suo patrimonio o con il fondo comune, laddove la nozione di patrimonio deve essere riferita alle società e agli enti con personalità giuridica, mentre la nozione di “fondo comune” concerne le associazioni non riconosciute.

Gli artt. 28-33 del d.lgs. n. 231/2001 regolano l’incidenza sulla responsabilità dell’ente delle vicende modificative connesse a operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda.

In proposito, il legislatore ha tenuto conto di due esigenze contrapposte:

  • da un lato, evitare che tali operazioni possano costituire uno strumento per eludere agevolmente la responsabilità amministrativa dell’ente;
  • dall’altro, non penalizzare interventi di riorganizzazione privi di intenti elusivi.

La relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001 afferma che “il criterio di massima al riguardo seguito è stato quello di regolare la sorte delle sanzioni pecuniarie conformemente ai principi dettati dal codice civile in ordine alla generalità deglialtri debiti dell’ente originario, mantenendo, per converso, il collegamento delle sanzioni interdittive con il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato”.

In caso di trasformazione, l’art. 28 del d.lgs. n. 231/2001 prevede (in coerenza con la natura di tale istituto che implica un semplice mutamento del tipo di società, senza determinare l’estinzione del soggetto giuridico originario) che resta ferma la responsabilità dell’ente per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto.

In caso di fusione, l’ente che risulta dalla fusione (anche per incorporazione) risponde dei reati di cui erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione (art. 29 del d.lgs. n. 231/2001).

L’art. 30 del d.lgs. n. 231/2001 prevede che, nel caso di scissione parziale, la società scissa rimane responsabile per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto.

Gli enti beneficiari della scissione (sia totale che parziale) sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall’ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, nel limite del valore effettivo del patrimonio netto trasferito al singolo ente.

Tale limite non si applica alle società beneficiarie, alle quali risulta devoluto, anche solo in parte, il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato.

Le sanzioni interdittive relative ai reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell’ambito del quale il reato è stato commesso.

L’art. 31 del Decreto prevede disposizioni comuni alla fusione e alla scissione, concernenti la determinazione delle sanzioni nell’eventualità che tali operazioni straordinarie siano intervenute prima della conclusione del giudizio.

Viene chiarito, in particolare, il principio per cui il giudice deve commisurare la sanzione pecuniaria, secondo i criteri previsti dall’art. 11, comma 2, e art. 17, del Decreto, facendo riferimento in ogni caso alle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente originariamente responsabile, e non a quelle dell’ente cui dovrebbe imputarsi la sanzione a seguito della fusione o della scissione.

In caso di sanzione interdittiva, l’ente che risulterà responsabile a seguito della fusione o della scissione potrà chiedere al giudice la conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria, a patto che:

  • la colpa organizzativa che ha reso possibile la commissione del reato sia stata eliminata,
  • l’ente abbia provveduto a risarcire il danno e messo a disposizione (per la confisca) la parte di profitto eventualmente conseguito.

L’art. 32 del d.lgs. n. 231/2001 consente al giudice di tener conto delle condanne già inflitte nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell’ente scisso al fine di configurare la reiterazione, a norma dell’art. 20 del d.lgs. n. 231/2001, in rapporto agli illeciti dell’ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione, relativi a reati successivamente commessi.

Per le fattispecie della cessione e del conferimento di azienda è prevista una disciplina unitaria (art. 33 del d.lgs. n. 231/2001). Il cessionario, nel caso di cessione dell’azienda nella cui attività è stato commesso il

reato, è solidalmente obbligato al pagamento della sanzione pecuniaria comminata al cedente, con le seguenti limitazioni:

  • è fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente;
  • la responsabilità del cessionario è limitata al valore dell’azienda ceduta e alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali era, comunque, a conoscenza.

Al contrario, le sanzioni interdittive inflitte al cedente non si estendono al cessionario.

10. Idoneità del Modello e linee guida

L’accertamento della responsabilità della società, attribuito al giudice penale, avviene mediante:

  • la verifica della sussistenza del reato presupposto per la responsabilità della società;
  • il sindacato di idoneità sui modelli organizzativi adottati.

Il sindacato del giudice circa l’astratta idoneità del modello organizzativo a prevenire i reati di cui al d.lgs. n. 231/2001 è condotto secondo il criterio della c.d. “prognosi postuma”.

Il giudizio di idoneità va formulato secondo un criterio sostanzialmente ex ante per cui il giudice si colloca, idealmente, nella realtà aziendale nel momento in cui si è verificato l’illecito per saggiare la congruenza del modello adottato.

In altre parole, va giudicato “idoneo a prevenire i reati” il modello organizzativo che, prima della commissione del reato, potesse e dovesse essere ritenuto tale da azzerare o, almeno, minimizzare, con ragionevole certezza, il rischio della commissione del reato successivamente verificatosi.

Tuttavia, data l’ampiezza delle tipologie di enti presenti nella varietà di strutture organizzative di volta in volta adottate in funzione sia delle dimensioni sia del diverso mercato geografico o economico in cui essi operano, non si possono fornire riferimenti puntuali in tema di modelli organizzativi e funzionali, se non sul piano metodologico.

Le Linee Guida elaborate da Confindustria – che qui si intendono richiamate –, pertanto, mirano a orientare le imprese nella realizzazione di tali modelli, non essendo proponibile la costruzione di casistiche decontestualizzate da applicare direttamente alle singole realtà operative.

Secondo quanto previsto dalle Linee Guida di Confindustria, le diverse componenti del Modello dovranno, in ogni caso, integrarsi organicamente in un sistema che rispetti una serie di principi di controllo, ovvero:

  1. ogni operazione, transazione, azione deve essere verificabile, documentata, coerente e congrua: per ogni operazione vi deve essere un adeguato supporto documentale su cui si possa procedere in ogni momento all’effettuazione di controlli che attestino le caratteristiche e le motivazioni dell’operazione ed individuino chi ha autorizzato, effettuato, registrato, verificato l’operazione stessa;
  2. nessunsoggettopuògestireinautonomiauninteroprocesso: il sistema deve garantire l’applicazione del principio di separazione di funzioni, per cui l’autorizzazione all’effettuazione di un’operazione deve essere sotto la responsabilità di persona diversa da chi contabilizza, esegue operativamente o controlla l’operazione;
  3. documentazione dei controlli: il sistema di controllo deve documentare l’effettuazione dei controlli, anche di supervisione.

Risulta, tuttavia, opportuno evidenziare che la mancata conformità a punti specifici delle Linee Guida di Confindustria non inficia di per sé la validità del Modello.

Il Modello, infatti, dovendo essere redatto con riguardo alla realtà concreta della società cui si riferisce, ben può discostarsi in taluni specifici punti dalle Linee Guida (che hanno necessariamente carattere generale), quando ciò sia dovuto alla necessità di garantire maggiormente le esigenze tutelate dal Decreto.

È proprio in base a tale osservazione che devono essere valutate le osservazioni esemplificative contenute nell’appendice delle Linee Guida (c.d. case study), nonché la sintetica elencazione degli strumenti di controllo ivi prevista.

11. La realtà aziendale di Tecnotrasmissioni S.r.l.

Storia e attività svolta

Tecnotrasmissioni s.r.l. nasce nel 1988, come azienda specializzata nella revisione di cambi di velocità per autovetture e veicoli commerciali di tutte le marche automobilistiche.

L’eccelso livello qualitativo delle trasmissioni che Tecnotrasmissioni s.r.l. produce deriva dal ricorso a personale altamente specializzato, dall’utilizzo di ricambi originali, dal rigoroso rispetto delle specifiche costruttive del produttore e dalla strumentazione d’avanguardia utilizzata in fase di selezione e collaudo: tutto ciò in aggiunta al knowhowracchiuso, in oltre vent’anni di attività, nel personale data base tecnico aziendale, allo scopo di riprodurre i requisiti tecnici progettati dalle case costruttrici, in un’ottica di contenimento dei costi.

I gruppi revisionati sono singolarmente testati, su precisi parametri di performance, con banchi a controllo numerico che ne validano la piena efficienza, accertandone la funzionalità non solo negli innesti e nei rapporti, ma anche ai fini della rumorosità e della tenuta.

Tecnotrasmissioni s.r.l. dispone costantemente di circa 400 trasmissioni in pronta consegna (nuove e rigenerate), ha la possibilità di preparare in rotazione la maggior parte dei cambi di maggiore utilizzo, sulla base dell’identificazione da parte del cliente (codice OEM oppure numero di telaio della vettura), o eventualmente di revisionare il gruppo originale fornito direttamente dal cliente, sulla base di un preventivo condiviso, chiaro ed affidabile.

Visto il successo degli ultimi anni, Tecnotrasmissioni s.r.l. ha ampliato notevolmente il proprio magazzino di ricambi nuovi e rigenerati, rendendo disponibili parti di ogni marchio automobilistico, per fare fronte, in tempi contenuti, al sempre maggiore numero di richieste ed alla necessità di kit di revisione, per gli operatori specializzati del settore. Tutto ciò ha portato all’attuale servizio di spedizioni giornaliere in tutta Italia, ed alla conquista di importanti clienti in Europa e nel mondo.

Assetto societario

(omissis)

Vicende precedenti

(omissis)

Organigramma aziendale

(omissis)

12. Struttura del Modello 231 di Tecnotrasmissioni S.r.l. e sua predisposizione

12.1 Premessa

Giova premettere che l’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. n. 231/2001, oltre a rappresentare un motivo di esenzione dalla responsabilità della Società con riferimento alla commissione delle tipologie di reato incluse nel Decreto, consente di introdurre un sistema di controllo dell’agire imprenditoriale, unitamente alla fissazione e divulgazione di principi etici, in grado di migliorare gli standard di comportamento adottati dalla Società.

La Società ha, quindi, inteso avviare i lavori preparatori all’implementazione del proprio Modello organizzativo conforme ai requisiti previsti dal d.lgs. n. 231/2001, nonché coerente con le indicazioni contenute nelle Linee Guida di Confindustria, aggiornate al 2021, e con le Procedure semplificate previste dal D.M. 13 febbraio 2014.

12.2 Destinatari del Modello

Il Modello 231 e le regole in esso contenute si applicano a coloro che svolgono, anche di fatto, funzioni di gestione, amministrazione, direzione e controllo nella Società, nonché a coloro che – pur esterni ad essa – operano su mandato di quest’ultima o sono legati contrattualmente alla stessa.

Sono pertanto destinatari del Modello, quali soggetti in posizione apicale:

  1. Amministratori;
  2. Soci;
  3. Dirigenti;
  4. Componenti dell’OdV;

quali soggetti sottoposti alla direzione altrui:

  1. Dipendenti;
  2. Tirocinanti e stagisti;
  3. Collaboratori legati contrattualmente alla Società. Sono inoltre destinatari del Modello, quali soggetti esterni:
  4. collaboratori esterni;
  5. consulenti e in generale soggetti che svolgono attività di lavoro autonomo, qualora operino nell’ambito delle aree di attività sensibili per conto o nell’interesse della Società;
  6. fornitori che operano in maniera rilevante e/o continuativa nell’ambito delle aree di attività cosiddette sensibili per conto o nell’interesse della Società;
  7. agenti e procacciatori;
  8. partner della Società.

I soggetti ai quali il Modello si rivolge sono tenuti a rispettarne puntualmente tutte le disposizioni, anche in adempimento dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza che scaturiscono dai rapporti giuridici instaurati con Tecnotrasmissioni S.r.l.

I destinatari del Modello 231, nello svolgimento delle proprie attività, devono attenersi:

  1. alle disposizioni legislative applicabili;
  2. alle previsioni del Codice Etico della Società;
  3. alle disposizioni stabilite specificamente nel Modello 231.

12.3 Funzione del Modello

Il presente Modello si pone come obiettivo principale quello di configurare un sistema strutturato e organico di procedure organizzative, gestionali e di controllo, finalizzato a prevenire la commissione dei reati previsti dal Decreto, nonché a rendere più efficace il sistema dei controlli adottato dalla Società.

Più in generale, il Modello si propone quale fondamentale strumento di sensibilizzazione di tutti i destinatari del Modello stesso (dipendenti, amministratori, sindaci, collaboratori, fornitori, clienti, ecc.), chiamati ad adottare comportamenti corretti e trasparenti, in linea con i valori etici a cui si ispira la Società nel perseguimento del proprio oggetto sociale.

Il raggiungimento delle predette finalità si concretizza nell’adozione di misure idonee a migliorare l’efficienza nello svolgimento delle attività di impresa e ad assicurare il costante rispetto della legge e delle regole, individuando ed eliminando tempestivamente situazioni di rischio.

In particolare, l’obiettivo di un’efficiente ed equilibrata organizzazione dell’impresa, idonea a prevenire la commissione di reati, è perseguito intervenendo, principalmente, sui processi di formazione ed attuazione delle decisioni della Società, sui controlli, preventivi e successivi, nonché sui flussi di informazione, sia interna che esterna.

Tutto ciò con l’obiettivo di:

  1. rendere noto a tutti i dipendenti e collaboratori della Società che eventuali comportamenti illeciti possono dar luogo a sanzioni penali per il singolo e sanzioni amministrative per la Società;
  2. assicurare la correttezza dei comportamenti di dipendenti e collaboratori (interni ed esterni) di Tecnotrasmissioni S.r.l. e di tutti coloro che operano in nome o per conto della Società;
  3. rafforzare il sistema dei controlli interni, in modo da prevenire e contrastare la commissione dei reati;
  4. manifestare all’esterno le scelte in tema di etica, trasparenza e rispetto della legalità, che da sempre contraddistinguono l’operato di Tecnotrasmissioni S.r.l.

12.4 Struttura del Modello

Il Modello di Tecnotrasmissioni S.r.l. risulta composto da:

  • Parte generale
  • Parte generale – versione internet
  • Codice Etico
  • Regolamento OdV
  • Sistema sanzionatorio
  • Struttura organizzativa e sistema di deleghe
  • Sistema di Whistleblowing
  • Catalogo dei reati presupposto d.lgs. n. 231/2001
  • Valutazione dei rischi
  • Parte speciale 1 – Reati contro la Pubblica Amministrazione e ai danni dello Stato
  • Parte speciale 2 – Reati in tema di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento
  • Parte speciale 3 – Reati societari
  • Parte speciale 4 – Reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro
  • Parte speciale 5 – Reati in materia di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio
  • Parte speciale 6 – Reati transnazionali richiamati dalla legge n. 146/2006
  • Parte speciale 7 – Reati contro la personalità individuale
  • Parte speciale 8 – Reati in materia di criminalità informatica
  • Parte speciale 9 – Reati contro l’industria e il commercio
  • Parte speciale 10 – Reato di induzione a non rendere dichiarazioni
  • Parte speciale 11 – Reati in materia di criminalità organizzata
  • Parte speciale 12 – Reato di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare
  • Parte speciale 13 – Reati ambientali
  • Parte speciale 14 – Reati di razzismo e xenofobia
  • Parte speciale 15 – Reati tributari
  • Parte speciale 16 – Reati di contrabbando
  • Parte speciale 17 – Reati in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti
  • Sistema di controllo (Procedure)
  • Allegati al Modello.

12.5 Contenuto del Modello

Il Modello di Tecnotrasmissioni S.r.l., la cui struttura è stata descritta sommariamente nel paragrafo precedente, è altresì fondato su:

  1. Codice Etico aziendale, che costituisce parte integrante del Modello 231 e che definisce le linee guida generali di comportamento aziendale;
  2. Struttura organizzativa, nell’ambito della quale viene definita l’attribuzione dei compiti tra le varie funzioni aziendali, in ossequio al principio di segregazione delle funzioni;
  3. Mappatura delle aree sensibili e dei processi strumentali aziendali, in relazione ai quali sono stati predisposti protocolli e procedure aziendali, tese a disciplinare le modalità operative da adottare per assumere e attuare decisioni nelle varie aree a rischio;
  4. Procedure e protocolli che assicurino la tracciabilità delle attività di monitoraggio e di controllo;
  5. Sistema sanzionatorio, nell’ambito del quale vengono definiti provvedimenti disciplinari per coloro che violino le regole di condotta stabilite dalla Società nell’ambito del Modello 231 e del Codice Etico;
  6. Sistema di Whistleblowing, costituito da una specifica procedura di segnalazione che illustra i diversi canali aziendali, nonché da un elenco dei flussi informativi;
  7. Istituzione di un Organismo di Vigilanza, a cui è stato assegnato il compito di vigilare sull’efficacia e il corretto funzionamento del Modello 231, nonché sul suo periodico aggiornamento.

12.6 Codice Etico

Il Codice Etico, che costituisce parte integrante del Modello 231, enuncia i principi etici generali che la Società riconosce come propri e che ritiene condizione essenziale per instaurare rapporti con tutti i suoi interlocutori, nonché per lo svolgimento interno delle proprie attività aziendali.

Il Codice enuncia altresì le regole generali che descrivono i comportamenti da adottare nell’attuazione del Modello, definite a partire dall’individuazione delle responsabilità, degli impegni e delle aspettative reciproche fra Tecnotrasmissioni S.r.l. e i suoi stakeholder, e le relative modalità di attuazione.

12.7 Rapporto tra Modello e Codice Etico

Il Codice Etico di Tecnotrasmissioni S.r.l., adottato con delibera del C.d.A., è strumento differente per natura, funzione e contenuti dal presente Modello.

Infatti, mentre il Codice Etico rappresenta uno strumento adottato in via autonoma e suscettibile di applicazione sul piano generale da parte della Società allo scopo di esprimere una serie di principi di deontologia aziendale che la Società stessa riconosce come propri e sui quali intende richiamare l’osservanza di tutti i suoi dipendenti e di tutti coloro che cooperano al perseguimento dei fini aziendali, compresi fornitori e clienti; il Modello, invece, risponde a specifiche prescrizioni contenute nel Decreto, finalizzate a prevenire la commissione di particolari tipologie di reati per fatti che, commessi apparentemente nell’interesse o a vantaggio dell’azienda, possono comportare una responsabilità amministrativa in base alle disposizioni del Decreto medesimo.

Tuttavia, il Codice Etico contiene i principi di comportamento e i valori etici basilari cui si ispira la Società nel perseguimento dei propri obiettivi e tali principi devono essere rispettati da tutti coloro che interagiscono con la Società.

Sotto tale profilo, il Codice Etico va considerato quale fondamento essenziale del Modello, giacché le disposizioni contenute nel secondo presuppongono il rispetto di quanto previsto nel primo, formando insieme un corpus sistematico di norme interne finalizzato alla diffusione di una cultura dell’etica e della trasparenza aziendale.

Il Codice Etico, pertanto, costituisce parte integrante del Modello. Il Codice etico della Società è riportato nella parte “Codiceetico”.

12.8 Struttura organizzativa e sistema di deleghe

La struttura organizzativa di Tecnotrasmissioni S.r.l., che costituisce parte integrante del Modello, è riportata nella parte “Struttura organizzativa e sistema di deleghe”, alla quale si rinvia per l’analisi dell’assetto societario.

Eventuali deleghe di funzioni che la Società intendesse conferire al proprio interno, si uniformano ai seguenti principi:

  1. le deleghe devono coniugare ciascun potere di gestione alla relativa responsabilità e ad una posizione adeguata nell’organigramma e essere aggiornate in conseguenza dei mutamenti organizzativi;
  2. ciascuna delega deve definire e descrivere in modo specifico e non equivoco i poteri gestionali del delegato e il soggetto cui il delegato riporta gerarchicamente;
  3. i poteri gestionali assegnati con le deleghe e la loro attuazione devono essere coerenti con gli obiettivi aziendali;
  4. il delegato deve disporre di poteri di spesa adeguati alle funzioni conferitegli;
  5. le procure possono essere conferite esclusivamente a soggetti dotati di delega funzionale interna o di specifico incarico e devono prevedere l’estensione dei poteri di rappresentanza e, eventualmente, i limiti di spesa numerici;
  6. solo i soggetti muniti di specifici e formali poteri possono assumere, in suo nome e per suo conto, obbligazioni verso terzi;
  7. tutti coloro che intrattengono rapporti con la P.A. devono essere dotati di delega o procura in tal senso.

12.9 Sistema sanzionatorio

L’art. 6, comma 2, lett. e) e l’art. 7, comma 4, lett. b) D.lgs. 231/2001 indicano, quale condizione per un’efficace attuazione del modello di organizzazione, gestione e controllo, l’introduzione di un sistema idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello stesso.

Pertanto, la definizione di un adeguato sistema disciplinare e sanzionatorio costituisce un presupposto essenziale per l’efficacia del modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del d.lgs. 231/2001.

Le sanzioni previste da tale sistema saranno applicate ad ogni violazione delle disposizioni contenute nel Modello a prescindere dallo svolgimento e dall’esito del procedimento penale eventualmente avviato dall’autorità giudiziaria, nel caso in cui il comportamento da censurare integri gli estremi di una fattispecie di reato rilevante ai sensi del d.lgs. n. 231/2001.

L’applicazione delle sanzioni disciplinari, infatti, prescinde dall’apertura e dall’esito dell’eventuale procedimento penale avviato dall’Autorità Giudiziaria e concerne ogni violazione delle disposizioni contenute nel Modello stesso.

L’applicazione delle citate sanzioni avviene nel rispetto dei seguenti principi:

  • complementarietà: il sistema disciplinare previsto dal Modello è complementare, e non alternativo, rispetto al sistema disciplinare stabilito dai CCNL applicabili alla Società;
  • pubblicità: la Società fornisce massima e adeguata conoscenza e conoscibilità al Modello ed al sistema sanzionatorio, mediante la consegna degli stessi a tutti i destinatari, nonché la loro affissione in bacheca aziendale;
  • contraddittorio: la Società garantisce il rispetto del contraddittorio mediante la previa pubblicità del Modello e del sistema sanzionatorio, nonché con la previa contestazione scritta in modo specifico, immediato e immutabile degli addebiti;
  • gradualità: le decisioni relative alla tipologia di sanzione da irrogare tengono necessariamente conto della specifica infrazione, di tutte le circostanze oggettive che hanno caratterizzato la condotta contestata e dell’intensità della lesione del bene aziendale tutelato. Ovvero:
    1. del comportamento complessivo del destinatario con particolare riguardo alla sussistenza o meno di precedenti disciplinari;
    2. del livello di responsabilità e di autonomia del destinatario autore dell’illecito disciplinare;
    3. del coinvolgimento di altre persone;
    4. degli effetti dell’illecito disciplinare, ossia del livello di rischio cui la società ragionevolmente può essere esposta in seguito alla violazione contestata;
    5. di altre particolari circostanze che accompagnano l’illecito.
  • tempestività: il procedimento disciplinare e l’eventuale irrogazione della sanzione devono avvenire entro un termine ragionevole dall’apertura del procedimento stesso.

In ogni caso la sanzione prescinde dalla commissione del reato e si attesta come reazione della Società al mancato rispetto di procedure o regole comportamentali richiamate dal Modello.

Tecnotrasmissioni S.r.l. ha predisposto e applicato un sistema sanzionatorio conforme ai principi sopra indicati, che costituisce parte integrante del Modello.

12.10 Mappatura delle aree a rischio

L’attività di mappatura delle aree a rischio di reato nell’ambito della Società Tecnotrasmissioni S.r.l. è stata effettuata dal consulente esterno incaricato della redazione del Modello.

Per l’analisi dettagliata del metodo di valutazione adottato, nonché dei risultati raggiunti (suddivisi per livello di rischio) si rimanda all’apposito documento “Valutazione dei rischi”, facente parte del Modello.

Detta attività si è articolata nelle seguenti fasi:

  • As is Analysis

Nell’ambito di detta fase si è proceduto alla raccolta della documentazione e delle informazioni preliminari necessarie a circoscrivere il raggio di azione dell’attività aziendale, nonché ad identificare le funzioni presenti presso la Società.

Una volta mappate le principali aree oggetto di analisi e i responsabili di funzione e subordinati di principale rilevanza, si è provveduto a pianificare e organizzare i lavori preparatori di predisposizione del Modello, mediante interviste dei citati soggetti aziendali.

  • Risk Assessment

Mediante l’analisi delle informazioni raccolte nella fase precedente si è proceduto ad individuare tutti i pericoli riconducibili alle varie attività aziendali.

La valutazione dei potenziali rischi nell’ambito dell’attività aziendale è stata effettuata tenendo in considerazione i seguenti elementi:

  • i reati prospettabili a cui ciascun processo aziendale risulta esposto;
  • le potenziali modalità di consumazione del reato per ciascun processo aziendale;
  • i ruoli aziendali coinvolti nel processo.

È stato inoltre opportuno, in sede di valutazione del rischio, effettuare due diligence ogniqualvolta siano stati rilevati “indicatori di sospetto” afferenti a particolari operazioni aziendali.

L’analisi dei potenziali rischi deve infatti prendere in considerazione le possibili modalità di attuazione delle fattispecie di reato calate nell’ambito concreto delle specifiche attività aziendali.

A tal proposito occorre valutare la storia della Società – e in particolare eventuali illecite vicende pregresse –

, il profilo dei partner e collaboratori della stessa, il livello di attenzione e repressione adottato dalla Società nei confronti delle trasgressioni rilevate in passato, nonché le caratteristiche degli altri soggetti operanti nel medesimo settore e, in particolare, degli eventuali illeciti da questi commessi nello stesso ramo di attività.

Giova precisare che, per quanto concerne l’analisi delle possibili modalità attuative dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, questa corrisponde alla valutazione dei rischi lavorativi effettuata secondo i criteri previsti dall’art. 28 d.lgs. n. 81 del 2008.

La mappatura delle aree a rischio e dei processi strumentali individuati per singoli reati, nell’ambito dell’anzidetta fase, è riportata in maniera riassuntiva al punto sub 12.11 ed esplicitata dettagliatamente nel documento “Valutazione dei rischi” facente parte del Modello.

  • Gap analysis

Una volta identificate le aree sensibili e i processi strumentali relativi ai pericoli ipotizzabili in base alle varie attività, si è stimata la probabilità di accadimento dell’evento, tenendo in considerazione le misure preventive e i sistemi di controllo già in essere nella realtà aziendale, nonché la gravità degli effetti che l’evento può determinare.

Sono state inoltre identificate le carenze organizzative rilevate nell’ambito dei vari processi aziendali rispetto al quadro dei protocolli preventivi identificati.

Sulla base di ciò è stato definito il piano delle azioni da attuare per lo sviluppo del Modello all’interno della Società.

  • Rischio residuo e implementazione del Modello

Sulla base della valutazione di cui alla fase precedente si è provveduto a redigere per ciascun’area – integrando quanto già esistente o implementando ex novo ove carente – un sistema di protocolli preventivi (generali e di sistema), ritenuti necessari per prevenire la commissione di reati in tali attività, riportati in modo dettagliato nelle varie “procedure” del Modello.

Dall’analisi combinata tra i rischi relativi ai reati ipotizzabili nella realtà aziendale e i protocolli aziendali implementati si è teso ad ottenere la riduzione al minimo dei rischi per ciascuna fattispecie, nonché l’individuazione del c.d. “rischio residuo”, ovvero quel rischio che viene valutato come “accettabile”.

La riduzione del rischio implica il dovere di intervenire, da un lato, sulla probabilità di accadimento dell’evento e, dall’altro lato, sull’impatto dell’evento stesso.

Si tratta, in sostanza, di progettare quelli che il d.lgs. n. 231/2001 definisce “specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire”.

Sotto tale profilo, si osservi inoltre come la premessa per la costruzione di un sistema di controllo preventivo adeguato passi attraverso la definizione del “rischio accettabile”.

Tale definizione si pone in relazione anche al generale principio, invocabile anche nel diritto penale, dell’esigibilità concreta del comportamento, sintetizzato dal brocardo latino ad impossibilia nemo tenetur, che rappresenta un criterio di riferimento ineliminabile anche se, spesso, di difficile individuazione.

Giova precisare tuttavia che la nozione di “accettabilità” di cui sopra riguarda i rischi di condotte devianti dalle regole del modello organizzativo e non anche i sottostanti rischi lavorativi per la salute e la sicurezza dei lavoratori che, secondo i principi della vigente legislazione prevenzionistica, devono essere comunque integralmente eliminati in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non sia possibile, ridotti al minimo e, quindi, gestiti.

In ragione di quanto previsto dall’art. 6, comma 1, lett. c) D.lgs. 231/2001 (“le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione”), la soglia concettuale di accettabilità per i reati dolosi è rappresentata da un sistema di prevenzione tale da non poter essere aggirato se non fraudolentemente.

Diversamente, nei casi di reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la soglia concettuale di accettabilità, agli effetti esimenti del d.lgs. n. 231 del 2001, è rappresentata dalla realizzazione di una condotta in violazione del Modello, nonostante la puntuale osservanza degli obblighi di vigilanza previsti dal d.lgs. n. 231 del 2001 da parte dell’apposito organismo di vigilanza.

In sostanza – come precisato dalle Linee Guida di Confindustria – il rischio è ritenuto “accettabile” quando eventuali protocolli aggiuntivi rispetto a quelli già in essere “costerebbero” di più della risorsa da proteggere. Ciò in quanto l’elusione fraudolenta dei modelli organizzativi appare incompatibile con l’elemento soggettivo dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, di cui agli artt. 589 e 590 c.p.

Secondo le Linee Guida, nella realizzazione di un sistema di gestione del rischio, non si può prescindere dal presupposto che i reati possano comunque essere commessi anche una volta attuato il Modello.

Laddove si tratti di reati dolosi, il Modello e le relative misure devono cioè essere tali che l’agente non solo dovrà “volere” l’evento reato, ma potrà attuare il suo proposito criminoso soltanto aggirando fraudolentemente le indicazioni dell’Ente.

L’insieme di misure che l’agente, se vuol delinquere, sarà costretto a “forzare”, dovrà essere realizzato in relazione alle specifiche attività dell’Ente considerate a rischio ed ai singoli reati ipoteticamente collegabili alle stesse.

Nell’ipotesi, invece, di reati colposi, gli stessi devono essere voluti dall’agente solo come condotta e non anche come evento.

Il sistema di controlli preventivi adottato dalla Società dovrà pertanto essere tale da garantire che i rischi di commissione dei reati siano ridotti ad un “livello accettabile”, secondo la definizione sopra esposta.

Il sistema di controlli adottato, anche in base a quanto dettato dalle Linee Guida di Confindustria, deve articolarsi nei seguenti elementi:

  1. adozione di un Codice Etico;
  2. previsione di un sistema organizzativo formalizzato e chiaro in relazione all’attribuzione di responsabilità;
  3. previsione di procedure manuali ed informatiche tali da regolamentare lo svolgimento delle attività aziendali;
  4. separazione di compiti fra coloro che svolgono fasi cruciali di un processo a rischio;
  5. assegnazione di poteri autorizzativi e di firma in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali;
  6. sistema di controllo di gestione in grado di fornire tempestiva segnalazione dell’esistenza e dell’insorgere di situazioni di criticità generale e/o particolare;
  7. comunicazione al personale e sua formazione.

Sistema di controllo nei reati colposi in materia di salute e sicurezza sul lavoro

Il sistema di controlli preventivi e, di conseguenza, il contenuto del Modello 231 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, deve necessariamente tener conto delle indicazioni dettate dal legislatore all’art. 30 D.lgs. n. 81/2008 (alla cui elencazione si rimanda in via integrale), il quale riconosce efficacia esimente ai Modelli organizzativi che siano orientati all’adempimento di specifici e nominati obblighi giuridici con specifico riguardo al settore antinfortunistico, fornendo indicazioni precise di valutazione dell’idoneità del Modello.

In particolare, l’art. 30, comma 5, D.lgs. n. 81/2008 dispone che i modelli di organizzazione e gestione adottati sulla base dei sistemi di controllo in materia di salute e sicurezza dei lavoratori certificati in base alle linee guida e standard internazionali UNI-INAIL del 2001, British Standard OH-SAS 18001:2007 e da ultimo UNI ISO 45001:2018 si presumono conformi ai requisiti di idoneità ai fini dell’efficacia esimente della responsabilità da reato dell’ente.

Come già precisato anche dalla giurisprudenza, la presunzione di conformità sancita dall’art. 30 D.lgs. n. 81/2008 riguarda la valutazione di astratta idoneità preventiva del modello, ma non anche la verifica in ordine alla sua efficace attuazione.

Sistema di controllo nei reati colposi in materia ambientale

Il sistema di controlli in materia ambientale deve muovere dall’analisi di due differenti tipologie di attività sensibili:

  1. le attività sensibili operative, ovvero quelle attività nel cui ambito si presenta direttamente il rischio di commissione dei reati ambientali (es. gestione dei rifiuti, manutenzione, gestione degli aspetti ambientali);
  2. le attività sensibili di sistema (processi strumentali), riconducibili a quelle attività che, pur non determinando in maniera diretta la commissione dei reati ambientali, potrebbero concorrere alla determinazione di condizioni che permettono o favoriscono la loro commissione in successive fasi dell’operatività aziendale (es. gestione degli acquisti, selezione dei fornitori).

Il sistema di monitoraggio dei profili ambientali deve prevedere una fase di verifica del mantenimento delle misure di prevenzione e protezione dei rischi adottate e valutate idonee ed efficaci.

Sistemi di controllo in materia fiscale

Al fine di prevenire i reati tributari di cui all’art. 25 quinquiesdeciesdel d.lgs. n. 231/2001 l’azienda potrebbe implementare un sistema ispirato a quelle misure finalizzate a ottenere la ragionevole certezza in merito all’attendibilità delle informazioni economico-finanziarie prodotte dall’impresa.

In questo senso può essere preso in considerazione il c.d. Tax Control Framework (TFC), che rappresenta un ulteriore sistema che consente alla società di valutare e mitigare il rischio fiscale nel suo complesso.

Si tratta di un modello di gestione e controllo strutturato del rischio che introduce un sistema di autovalutazione preventiva del rischio fiscale e di interlocuzione privilegiata con l’Agenzia delle Entrate, volto a porre sotto presidio tutti i processi aziendali e le transazioni che abbiano natura tributaria.

Tale sistema può quindi costituire la piattaforma per orientare i modelli organizzativi verso un efficace contenimento del rischio di commissione di reati tributari.

Anche il sistema di controllo del rischio fiscale impone una serie di flussi informativi che devono essere accurati, completi, tempestivi e costanti, in modo tale da garantire la circolazione delle informazioni a tutti i livelli aziendali.

Giova precisare, tuttavia, come l’inserimento nei modelli organizzativi e gestionali delle procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale previse dall’art. 4 d.lgs. n. 128/2015 non possa considerarsi sufficiente per l’esonero dalla responsabilità dell’ente ex d.lgs. n. 231/2001.

Pur essendo il TFC un sistema previsto per le imprese di maggiori dimensioni, i principi e gli elementi di fondo alla base dello stesso possono essere comunque utili nell’integrazione/aggiornamento del Modello 231 al fine di prevenire i rischi in materia di reati tributari.

Altri sistemi di gestione aziendale certificati

L’adozione da parte della società di altri sistemi di gestione aziendale certificati (ambientale, sicurezza informatica, igiene alimentare, qualità, anticorruzione), diversi da quello in materia di sicurezza sul lavoro, non pongono ovviamente l’impresa al riparo da responsabilità ex d.lgs. n.231/2001, non essendo previste analoghe presunzioni di conformità del Modello delle aziende dotate di questi sistemi.

Pur avendo tali sistemi una funzione diversa da quella dei Modelli 231, possono tuttavia fungere da utili sistemi di controllo interni che, per le attività di specifica competenza, configurano in azienda un livello minimo di organizzazione funzionale anche alla prevenzione di reati.

Inoltre, la scelta dell’impresa di dotarsi di sistemi certificati è indice dell’inclinazione dell’ente alla cultura del rispetto delle regole e tale circostanza può indubbiamente costituire una solida base per la costruzione di Modelli 231.

Per migliorare l’efficienza del Modello 231 sarà importante quindi valorizzare le sinergie tra la documentazione funzionale alla tutela penale e quella imposta dai sistemi aziendali certificati.

Compliance integrata

La convergenza e il coordinamento degli eventuali sistemi di gestione aziendale adottati si tramuta in una compliance integrata che può consentire all’ente di:

  1. razionalizzare le attività (in termini di risorse, persone, sistemi, etc.);
  2. migliorare l’efficacia ed efficienza delle attività di compliance;
  3. facilitare la condivisione delle informazioni attraverso una visione integrata delle diverse esigenze di compliance, anche mediante esecuzione di risk assessment congiunti.

In quest’ottica, un approccio integrato dovrebbe contemplare procedure comuni che garantiscano efficienza e snellezza e che non generino sovrapposizione di ruoli (o mancanza di presidi), duplicazioni di verifiche e di azioni correttive rispetto alla copiosa normativa di riferimento, laddove tali ruoli incidano e insistano sui medesimi processi aziendali.

Al fine di dare attuazione a una gestione integrata di tal genere occorre quindi anche definire specifici e continui meccanismi di coordinamento e collaborazione trai principali soggetti aziendali interessati.

Alla luce dei rischi mappati e del sistema di controlli presente, sono state pertanto formalizzate e redatte:

  • le parti del Modello relative a Codice Etico, struttura organizzativa e sistema delle deleghe, sistema sanzionatorio, Regolamento dell’OdV, Sistema di Whistleblowing e catalogo dei reati del d.lgs. 231/2001;
  • le Parti Speciali concernenti i singoli reati presupposto, distinti per macrocategorie di reato, nell’ambito delle quali sono indicate le aree sensibili e i processi strumentali;
  • le procedure predisposte per ciascun’area sensibile/processo strumentale, nell’ambito delle quali sono dettagliati i protocolli preventivi generali e quelli di sistema.;
  • la valutazione dei rischi.

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.lgs. 231/2001 è stato approvato dal Consiglio di Amministrazione.

12.11 Aree di attività sensibili e processi strumentali individuati

Si definiscono “attività sensibili” quei processi nel cui ambito risulta più agevole che possano essere commessi reati previsti dal D.lgs. 231/2001.

Costituiscono invece i c.d. “processi strumentali” alle aree sensibili aziendali, quei processi attraverso i quali vengono gestiti strumenti di tipo finanziario e/o mezzi sostitutivi in grado di supportare la commissione dei reati nelle aree a rischio reato.

Di seguito vengono riportate le principali attività sensibili e i principali processi strumentali, analizzati nel dettaglio nelle relative parti speciali.

I protocolli predisposti per ciascuna area sensibile/processo strumentale sono invece esposti nel dettaglio nelle “Procedure” (sistema di controllo) facente parti del Modello.

  • Reati contro la Pubblica Amministrazione e ai danni dello Stato (Parte speciale 1)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati in tema di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (Parte speciale 2)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati societari (Parte speciale 3)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Parte speciale 4)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio (Parte speciale 5)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati transnazionali richiamati dalla legge n. 146/2006 (Parte speciale 6)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati contro la personalità individuale (Parte speciale 7)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati in materia di criminalità informatica e trattamento illecito di dati (Parte speciale 8)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati contro l’industria e il commercio (Parte speciale 9)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (Parte speciale 10)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati in materia di criminalità organizzata (Parte speciale 11)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reato di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Parte speciale 12)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati ambientali (Parte speciale 13)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati di razzismo e xenofobia (Parte speciale 14)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati tributari (Parte speciale 15)

Areesensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati di contrabbando (Parte speciale 16)

Aree sensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

  • Reati in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti (Parte speciale 17)

Areesensibili:

(omissis)

Processi strumentali:

(omissis)

Per quanto riguarda:

  • i reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 25 quaterdel Decreto);
  • i reati consistenti in pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25 quater.1 del Decreto);
  • i reati in tema di abusi di mercato (art. 25 sexiesdel Decreto);
  • i reati in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25 noviesdel Decreto);
  • i reati in tema di frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25-quaterdecies del Decreto);
  • i delitti contro il patrimonio culturale (art. 25-septiesdeciesdel Decreto);
  • i reati di riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (art. 25-duodevicies del Decreto);
  • responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato di cui all’art. 12, L. n. 9/2013 (Costituiscono presupposto per gli enti che operano nell’ambito della filiera degli oli vergini di oliva);

si ritiene che l’attività aziendale svolta da Tecnotrasmissioni s.r.l. non configuri profili di rischio che rendano ragionevole la commissione di detti reati nell’interesse o a vantaggio della stessa.

Per quanto concerne tali reati si ritiene, pertanto, esaustivo il rinvio ai principi previsti dal Codice Etico e dalla Parte Generale del Modello.

Una descrizione particolareggiata dei protocolli adottati da Tecnotrasmissioni s.r.l. in relazione alle attività sensibili e processi strumentali, individuati in merito alle singole categorie di reati è riportata nelle varie “Procedure” del Modello.

12.12 Principi generali di prevenzione e gestione delle risorse finanziarie

Principi generali di prevenzione

La società, in aggiunta a quanto previsto dai singoli protocolli preventivi, si ispira nella propria attività – anche alla luce delle indicazioni fornite dalle Linee Guida di Confindustria, nonché dalle “best practices” internazionali – ai seguenti Principi Generali di Prevenzione:

  1. Norme: esistenza di disposizioni aziendali idonee a fornire principi di comportamento, modalità operative per lo svolgimento delle attività sensibili nonché modalità di archiviazione della documentazione rilevante.
  2. Segregazione dei compiti: separazione delle attività tra chi autorizza, chi esegue e chi controlla. Tale segregazione è garantita dall’intervento, all’interno di uno stesso macro-processo aziendale, di più soggetti al fine di garantire indipendenza e obiettività dei processi. La separazione delle funzioni è attuata anche attraverso l’utilizzo di sistemi informatici che abilitano certe operazioni solo a persone identificate ed autorizzate.
  3. Poteri autorizzativi di spesa e di firma: i poteri autorizzativi e di firma assegnati devono essere:
    • coerenti con le responsabilità organizzative e gestionali assegnate, prevedendo, ove richiesto, indicazione delle soglie di approvazione delle spese;
    • chiaramente definiti e conosciuti all’interno della Società. Devono essere definiti i ruoli aziendali ai quali è assegnato il potere di impegnare la Società in determinate spese specificando i limiti e la natura delle spese. L’atto attributivo di funzioni deve rispettare gli specifici requisiti richiesti dalla legge.
  4. Tracciabilità:
    • ogni operazione relativa all’attività sensibile deve essere, ove possibile, adeguatamente documentata;
    • il processo di decisione, autorizzazione e svolgimento dell’attività sensibile deve essere verificabile ex post, anche tramite appositi supporti documentali e, in ogni caso, devono essere disciplinati con dettaglio i casi e le modalità dell’eventuale possibilità di cancellazione o distruzione delle registrazioni effettuate.
  5. Attività di monitoraggio: è finalizzata all’aggiornamento periodico e tempestivo di procure, deleghe di funzioni nonché del sistema di controllo, in coerenza con il sistema decisionale e con l’intero impianto della struttura organizzativa.

Nell’ambito delle attività sensibili individuate per ciascuna tipologia di reato, i principi generali di prevenzione impongono che:

  1. tutte le operazioni, la formazione e l’attuazione delle decisioni della Società rispondano ai principi e alle prescrizioni contenute nelle disposizioni di legge, del Codice Etico e delle procedure aziendali;
  2. siano definite e adeguatamente comunicate le disposizioni aziendali idonee a fornire principi di comportamento, modalità operative per lo svolgimento delle attività sensibili nonché modalità di archiviazione della documentazione rilevante;
  3. per tutte le operazioni:
    • devono essere formalizzate le responsabilità di gestione, coordinamento e controllo all’interno dell’azienda, nonché i livelli di dipendenza gerarchica e la descrizione delle relative responsabilità;
    • devono essere documentabili e ricostruibili le fasi di formazione degli atti;
    • devono essere formalizzati e documentabili i livelli autorizzativi di formazione degli atti, a garanzia della trasparenza delle scelte effettuate;
  4. l’assegnazione e l’esercizio dei poteri nell’ambito di un processo decisionale sia congruente con le posizioni di responsabilità e con la rilevanza e/o la criticità delle sottostanti operazioni economiche;
  1. non vi sia identità soggettiva fra coloro che assumono o attuano le decisioni, coloro che devono dare evidenza contabile delle operazioni decise e coloro che sono tenuti a svolgere sulle stesse i controlli previsti dalla legge e dalle procedure contemplate dal sistema di controllo interno;
  2. l’accesso ai dati della Società sia conforme al D.lgs. n. 196/2003 e successive modifiche e integrazioni, anche regolamentari, nonché al Reg. UE 2016/679;
  3. l’accesso e l’intervento sui dati della Società sia consentito esclusivamente alle persone autorizzate;
  4. sia garantita la riservatezza nella trasmissione delle informazioni;
  5. i documenti riguardanti la formazione delle decisioni e l’attuazione delle stesse siano archiviati e conservati, a cura della funzione competente, con modalità tali da non permetterne la modificazione successiva, se non con apposita evidenza.

Gestione delle risorse finanziarie

L’art. 6 comma 2 lett. c) D.lgs. 231/2001 prevede l’obbligo, in capo alla Società, di redigere specifiche modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati.

A tal proposito, Tecnotrasmissioni s.r.l. ha previsto alcuni principi fondamentali da seguire nella gestione delle risorse finanziarie:

  1. tutte le operazioni connesse alla gestione finanziaria devono essere eseguite mediante l’utilizzo dei conti correnti bancari della Società;
  2. periodicamente devono essere eseguite operazioni di verifica dei saldi e delle operazioni di cassa;
  3. il vertice aziendale deve definire i fabbisogni finanziari a medio e lungo termine, le forme e le fonti di copertura e ne dà evidenza in reports specifici;
  4. ogni operazione e/o transazione, intesa nel senso più ampio del termine, deve essere legittima, autorizzata, coerente, congrua, documentata, registrata ed in ogni tempo verificabile, in conformità con le procedure aziendali;
  5. deve essere sempre possibile effettuare controlli sulle caratteristiche delle operazioni o transazioni effettuate, sulle motivazioni che le hanno determinate, sulle autorizzazioni allo svolgimento, sull’esecuzione delle operazioni medesime;
  6. ogni soggetto che effettui operazioni e/o transazioni aventi ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità economicamente valutabili, appartenenti a Tecnotrasmissioni s.r.l. deve agire su specifica autorizzazione e fornire a richiesta ogni valida evidenza per la sua verifica in ogni tempo;
  7. non avvengono pagamenti in denaro contante, se non per spese di esiguo valore relative a spese quotidiane di importi ridotti, quali, a titolo meramente esemplificativo, pagamenti di marche da bollo etc.;
  8. verifica puntuale di ogni singola fattura inserita nello scadenziario prima di procedere al pagamento;
  9. il pagamento mediante assegno costituisce modalità residuale. In tal caso la predisposizione dell’assegno è curata dal Responsabile Amministrazione che lo sottopone al Presidente del C.d.a. per la firma;
  10. archiviazione di tutte le contabili di pagamento da parte dell’Ufficio Amministrazione;
  11. tutti i pagamenti devono essere previamente autorizzati dal Responsabile Amministrazione;
  12. Evidenza formale in apposite registrazioni su archivi informatici delle transazioni effettuate su conti correnti aperti presso Stati in cui permangono regole di trasparenza meno restrittive per importi superiori, complessivamente, a euro 1.000;
  13. obbligo di procedere al pagamento unicamente tramite i conti correnti della Società, anche in caso di compensazioni finanziarie per la parte eccedente;
  1. la Società potrà adottare il mezzo di pagamento della compensazione finanziaria – nel rispetto della normativa vigente – solo ed esclusivamente nei confronti del proprio diretto creditore o debitore, e quindi senza l’intermediazione di soggetti terzi, avendo cura di documentare debitamente l’operazione;
  2. obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti della P.A. ai sensi della legge 13 agosto 2010 n. 136;
  3. verifiche in ordine alla corretta rappresentazione a bilancio delle operazioni finanziarie a medio e lungo termine, nonché delle riconciliazioni periodiche tra le risultanze contabili e dei piani di ammortamento.

12.13. Documentazione

Il Modello 231, il Codice Etico, le varie parti speciali e generale nonché le procedure ad esse afferenti sono documentate e archiviate sia su supporto cartaceo che elettronico.

Per la salvaguardia del patrimonio documentale e informativo aziendale sono previste adeguate misure di sicurezza a presidio del rischio di perdita e/o alterazione della documentazione riferita alle attività sensibili e ai processi strumentali o di accessi indesiderati ai dati/documenti.

12.14. Informazione e formazione

La Società, per dare efficace attuazione al Modello, assicura una corretta divulgazione dei contenuti e dei principi dello stesso sia all’interno che all’esterno della propria organizzazione.

In particolare, obiettivo della Società è comunicare i contenuti e i principi del Modello non solo ai propri dipendenti ma anche ai soggetti che, pur non rivestendo la qualifica formale di dipendenti, operano – anche occasionalmente – per il conseguimento degli obiettivi della Società.

Sono, infatti, destinatari del Modello sia le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione nella Società, sia le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei predetti soggetti, ma, anche, più in generale, tutti coloro che operano per il conseguimento dello scopo e degli obiettivi della Società.

Fra i destinatari del Modello sono, quindi, annoverati i componenti degli organi sociali, i soggetti coinvolti nelle funzioni dell’Organismo di Vigilanza, i dipendenti, i collaboratori e i consulenti esterni.

A tal proposito la Società:

  1. determina, in tutti coloro che operano in suo nome e per suo conto nelle “aree sensibili”, la consapevolezza di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni ivi riportate, in un illecito passibile di sanzioni;
  2. informa tutti coloro che operano a qualsiasi titolo in suo nome, per suo conto o comunque nel suo interesse che la violazione delle prescrizioni contenute nel Modello comporterà l’applicazione di apposite sanzioni ovvero la risoluzione del rapporto contrattuale;
  3. ribadisce che la Società non tollera comportamenti illeciti, di qualsiasi tipo ed indipendentemente da qualsiasi finalità, in quanto tali comportamenti sono comunque contrari ai principi etici cui la Società intende attenersi.

L’attività di comunicazione e formazione viene diversificata a seconda dei destinatari cui essa si rivolge e deve, in ogni caso, essere improntata a principi di completezza, chiarezza, accessibilità e continuità al fine di consentire ai diversi destinatari la piena consapevolezza di quelle disposizioni aziendali che sono tenuti a rispettare e delle norme etiche che devono ispirare i loro comportamenti.

Tali soggetti destinatari sono tenuti a rispettare puntualmente tutte le disposizioni del Modello, anche in adempimento dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza che scaturiscono dai rapporti giuridici instaurati dalla Società.

L’attività di comunicazione e formazione è supervisionata dall’Organismo di Vigilanza, cui sono assegnati, tra gli altri, i compiti di “promuovere e definire le iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello, nonché per la formazione del personale e la sensibilizzazione dello stesso all’osservanzadeiprincipicontenuti nelModello” e di “promuovere eelaborare interventidicomunicazione e formazione sui contenuti del d.lgs. n. 231/2001, sugli impatti della normativa sull’attività dell’azienda e sulle norme comportamentali”.

I dipendenti, nonché il personale dirigente e non-dirigente, ed ogni collaboratore esterno con rapporti stabili con Tecnotrasmissioni S.r.l., sono tenuti a:

  1. acquisire consapevolezza dei principi e contenuti del Modello;
  2. conoscere le modalità operative con le quali deve essere realizzata la propria attività;
  3. contribuire attivamente, in relazione al proprio ruolo e alle proprie responsabilità, all’efficace attuazione del Modello, segnalando eventuali carenze riscontrate nello stesso.

Comunicazione

La Società promuove la conoscenza dei contenuti e dei principi del Modello e delle procedure di implementazione all’interno di organizzazione agli stessi applicabili, con grado di approfondimento diversificato a seconda della posizione e del ruolo ricoperto.

In particolare, ai dipendenti, ai nuovi assunti, ai collaboratori esterni stabili è consegnata copia del Codice Etico della società. In quell’occasione viene richiesto loro di sottoscrivere dichiarazione di conoscenza ed osservanza dei principi del Modello e del Codice Etico.

La versione integrale del Modello è posta a disposizione dei dipendenti, dei soggetti apicali, degli organi sociali della Società, mediante consultazione sui sistemi informativi o mediante consultazione di copia cartacea.

Al momento dell’adozione del Modello viene inviata a tutti i dipendenti, soggetti apicali e collaboratori una comunicazione volta ad avvisare che Tecnotrasmissioni S.r.l.si è dotata di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.lgs. 231/2001.

La comunicazione è corredata da una dichiarazione di ricevuta e accettazione da parte dei dipendenti e soggetti apicali, da trasmettere all’OdV.

A tutti i citati soggetti viene fornita apposita formazione in ordine ai contenuti di tale Modello.

Analoga comunicazione circa l’adozione del Modello viene inoltrata anche a clienti e fornitori della Società. Verrà inoltre richiesto loro il formale impegno al rispetto delle disposizioni contenute nei suddetti documenti.

Formazione

In aggiunta alla formazione prevista in materia di sicurezza sul lavoro o da normative di settore, viene fornita a tutti i dipendenti e soggetti apicali della società apposita formazione focalizzata sui contenuti del Modello. Detta attività di formazione viene rinnovata con cadenza periodica al fine di rendere noti eventuali mutamenti normativi o aggiornamenti del Modello, nonché al fine di formare adeguatamente anche i soggetti neo assunti.

A conclusione degli eventi formativi, i partecipanti dovranno compilare un foglio di presenza, attestando, così, l’avvenuta partecipazione al momento formativo.

Della formazione effettuata viene tenuta traccia formale.

La formazione e l’aggiornamento dei soggetti apicali devono essere calendarizzati all’inizio dell’anno e, per i neo cooptati amministratori ovvero per eventuali neo assunti in posizione apicale, avviene sulla base anche di un’informativa contenuta nella lettera di assunzione.

La formazione ai soggetti sopra indicati viene suddivisa in due parti: una parte “generale” e una parte “specifica”.

La parte “generale” concerne:

  1. riferimenti normativi e giurisprudenziali, nonché indicazioni delle linee guida di categoria;
  2. responsabilità amministrativa dell’ente;
  3. destinatari del decreto;
  4. presupposti di imputazione della responsabilità;
  5. descrizione dei reati presupposto;
  6. sanzioni applicabili all’ente;
  7. condizioni per l’esclusione della responsabilità o limitazione della stessa.

La parte “specifica” riguarda:

  1. descrizione delle singole fattispecie di reato;
  2. individuazione degli autori dei reati;
  3. esemplificazione delle modalità attraverso le quali i reati vengono posti in essere;
  4. analisi delle sanzioni applicabili;
  5. connessione tra le singole fattispecie di reato e le specifiche aree di rischio evidenziate;
  6. protocolli di prevenzione specifici individuati dalla Società per evitare di incorrere nelle aree di rischio identificate;
  7. comportamenti da adottare in materia di comunicazione e formazione dei propri dipendenti gerarchici, in particolare del personale operante nelle aree aziendali ritenute sensibili;
  8. comportamenti da adottare nei confronti dell’OdV, in materia di comunicazioni, segnalazioni e collaborazione alle attività di vigilanza e aggiornamento del Modello.

La formazione dell’OdV è volta a fornire all’Organismo di Vigilanza, da un lato una comprensione tecnica elevata del Modello, dall’altro lato strumenti utili adempiere al proprio incarico di controllo.

Tale formazione può avvenire mediante la partecipazione a convegni o seminari in materia di d.lgs. n. 231 del 2001, mediante riunioni con esperti in materia di responsabilità amministrativa delle società (d.lgs. n. 231/2001) o in materie penalistiche.

12.15. OdV

La società, in ossequio a quanto previsto all’art. 6 comma 1, lett. b, D.lgs. 231/2001 – che prevede che il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne il relativo aggiornamento, sia affidato ad un organismo della Società, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, denominato Organismo di Vigilanza – ha nominato un Organismo di Vigilanza.

Per quanto concerne i requisiti, il funzionamento e l’attività dell’OdV, nonché i flussi informativi da e verso l’Organismo, nel dettaglio si rinvia alla parte “Regolamento dell’OdV”.

12.16. Controlli e aggiornamento del Modello

Controlli

L’Organismo di Vigilanza, con cadenza annuale, elabora un programma delle proprie attività di vigilanza, stilando una calendarizzazione delle aree da verificare, nonché dei controlli programmati.

Ovviamente, tale programma potrà essere integrato o modificato in corso d’opera sulla base di esigenze sopravvenute.

Nello svolgimento della propria attività, l’OdV può avvalersi sia del supporto di funzioni e strutture interne alla Società, con specifiche competenze nei settori aziendali di volta in volta sottoposti a controllo, sia con riferimento all’esecuzione delle operazioni tecniche necessarie per lo svolgimento della funzione di controllo, di consulenti esterni.

In tal caso, i consulenti dovranno sempre riferire i risultati del loro operato all’OdV.

A tal fine, all’Organismo, nel corso delle verifiche ed ispezioni, sono attribuiti i più ampi poteri al fine di svolgere efficacemente i compiti affidatigli.

Aggiornamento del Modello

Il C.d.A. delibera in merito all’aggiornamento del Modello e del suo adeguamento in relazione a modifiche e/o integrazioni che si dovessero rendere necessarie in conseguenza di:

  • significative violazioni delle prescrizioni del Modello;
  • modificazioni dell’assetto interno della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d’impresa;
  • modifiche normative;
  • risultanze dei controlli;
  • accertamento di gravi fatti penalmente rilevanti commessi anche anteriormente all’approvazione del modello.

Una volta approvate, le modifiche e le istruzioni per la loro immediata applicazione sono comunicate all’OdV, il quale, a sua volta, provvederà, senza indugio, a rendere le stesse modifiche operative e a curare la corretta comunicazione dei contenuti all’interno e all’esterno della Società.

L’OdV provvederà, altresì, mediante apposita relazione, ad informare il C.d.A., il Revisore Legale e l’Assemblea dei Soci circa l’esito dell’attività intrapresa in ottemperanza alla delibera che dispone l’aggiornamento e/o adeguamento del Modello.

L’Organismo conserva, in ogni caso, specifici compiti e poteri in merito alla cura, sviluppo e promozione del costante aggiornamento del Modello.

A tal fine, formula osservazioni e proposte, attinenti all’organizzazione ed al sistema di controllo aziendale.

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